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Quante volte avete letto un articolo sul marketing digitale per poi pensare: “Sì, questa strategia è pazzesca, ma io che vendo ricambi/macchinari industriali/servizi di consulenza come faccio ad applicarla?”.
Un esempio facile facile: immaginatevi il successo di un profilo Instagram dedicato… ad un’azienda che produce bulloni.
Diciamocelo chiaramente: il marketing digitale delle aziende B2B – Business to Business, cioè quelle che vendono ad altre aziende o professionisti – è ben diverso da quello delle aziende che si rivolgono direttamente ai consumatori (B2C, Business to Consumer).
A prima vista è più difficile… e meno divertente.
In realtà – almeno secondo noi che ce ne occupiamo ogni giorno – è solo differente. A noi piace dire che è speciale.
Sono molti gli aspetti in cui marketing B2B e B2C divergono: il pubblico, le strategie, gli obiettivi, i tempi per vedere risultati e altro ancora. Noi abbiamo trovato almeno tredici motivi per cui i due sono diversi… ve ne vengono in mente altri?
Nel B2B non ci rivolgiamo ad Anna, la trentenne alla moda che ha un debole per scarpe, scarpette e stivali (e una scarpiera traboccante pronta a dimostrarlo). Ci rivolgiamo ad Anna, l’imprenditrice indecisa che non sa a quale studio paghe scegliere per la contabilità della sua attività.
Anna, quando è in abiti da lavoro, valuta un acquisto in modo più consapevole e ponderato; non si precipita a comprare spinta dall’impulso, lascia maturare la sua scelta più a lungo. Tuttavia, Anna resta sempre la stessa, quella che quando ha dieci minuti liberi sbircia i social per informarsi o per svagarsi un po’, quella che si emoziona quando legge una bella storia o un testo che le scalda il cuore.
Insomma, Anna, la nostra buyer B2B, è una persona vera, a tutto tondo, con sfumature, emozioni, interessi. E questo dobbiamo ricordarcelo anche quando proviamo a venderle un servizio.
In ambito B2B, spesso, i decisori d’acquisto non sono gli unici destinatari delle attività di marketing: ad avere un ruolo primario sono gli influenzatori d’acquisto, figure specializzate che indirizzano e consigliano i decisori – quelli che avranno l’ultima parola sull’acquisto.
Un esempio semplice e autobiografico per capire meglio questa dinamica. Un’azienda che produce software deve certamente convincere i decisori d’acquisto delle aziende clienti (imprenditori, responsabili acquisti) ma deve prima riuscire a persuadere con la propria offerta le figure specializzate (in questo caso, il responsabile IT).
Cosa significa questo?
Che quando si fa marketing per il B2B bisogna quasi sempre rivolgersi a diverse figure (Buyer Personas) e immaginare percorsi d’acquisto su misura per ognuna di esse, costellati da contenuti personalizzati.
La psicologia dei consumi ci insegna che, quando compriamo qualcosa, lo facciamo seguendo due impulsi diversi: quello emozionale e quello razionale.
Per i prodotti B2C molto spesso è la motivazione emozionale a prevalere: prima ci innamoriamo del nuovo modello di smartphone, poi ci convinciamo che sì, in fondo ne abbiamo bisogno perché ci semplifica la vita 😁
Nel mercato B2B, la customer journey nasce invece da esigenze pratiche e funzionali, perciò le leve di persuasione che utilizziamo dovranno essere più improntate alla razionalità: fatti, numeri, informazioni tecniche, indicatori di performance, riprova sociale.
Ma attenzione, questo non significa che il marketing B2B si basi solo sulla fredda logica.
È interessante a questo proposito uno studio condotto da Bain, società di management consulting, che ha identificato una gerarchia degli elementi di valore nel processo d’acquisto B2B attraverso una piramide che ricorda molto la famosa piramide dei bisogni di Maslow.
Muovendosi verso il vertice si scivola via via verso valori più alti e astratti, che vanno a solleticare la sfera intima e soggettiva dei clienti. Insomma, saper sprigionare un sorriso, addomesticare l’ansia o regalare una calda sensazione di fiducia sono qualità non da poco, che pesano anche in ambito professionale.
Se lavorate in aziende B2B che si rivolgono a gruppi target molto ampi… beh, sappiate che siete tra i pochi fortunati.
In questo settore vige spesso l’estrema specializzazione, con aziende che si rivolgono a piccolissime nicchie di pubblico, difficili da scovare sul web: niente siti di settore, niente forum, niente gruppi social dedicati, invisibilità pressoché assoluta.
Cosa fare dunque, gettare la spugna?
Nah, solo impegnarsi di più. L’esperienza ci ha insegnato che le strade del digital sono infinite, anche nel mercato B2B.
(Ne abbiamo parlato in questo articolo).
Tratto da tante storie vere.
Quando, insieme ai nostri clienti che operano nel B2B, analizziamo i competitor che dominano il loro mercato, capita spesso di imbatterci in aziende importanti e in ottima salute che sembrano essere rimaste ai tempi di Windows 97.
Realtà che magari sono la Coca Cola del loro settore, ma che viste dal web sembrano la Cola della Guizza (scusa Guizza, ti abbiamo voluto bene nei compleanni della nostra infanzia).
Di cosa parliamo?
Siti web molto datati, approfondimenti questi sconosciuti, presenza nulla sui canali social, strategia digitale non pervenuta…
Al contrario, capita invece di incontrare aziende molto meno blasonate ma con una presenza digitale curata, persuasiva, efficace, con siti web che sono vere macchine acchiappa-contatti, vari canali (social e non) ben presidiati. Di solito – e non a caso – si tratta di business in crescita, che stanno velocemente sottraendo percentuali di mercato agli sciatti big di settore.
Morale della favola: se i tuoi competitor non hanno spinto l’acceleratore sul digital, c’è una grossa opportunità che aspetta solo te.
Se invece sei uno dei pesci grossi e non hai ancora preso sul serio il marketing digitale, forse dovresti ripensarci… prima che arrivi qualcun altro a rubarti la scena (e i clienti).
Con la vistosa eccezione degli e-commerce B2B e dei prodotti immateriali (es. software, servizi informatici), moltissime vendite B2B si chiudono ancora alla vecchia maniera: attorno a un tavolo, una volta che il cliente ha conosciuto il venditore e imbastito una trattativa commerciale.
L’obiettivo principale del marketing digitale B2B è quindi, nella maggior parte dei casi, quello di generare contatti di potenziali clienti a cui proporre, al momento giusto, un incontro commerciale.
Insomma, parliamo di lead generation.
La profilazione dei contatti ottenuti, però, deve essere precisa e severa e rispettare parametri molto stringenti. Insomma, generare i contatti giusti diventa spesso un’impresa -possibile, ma impegnativa.
Abbiamo già detto che le motivazioni d’acquisto nel B2B sono più razionali e professionali; di conseguenza, saranno differenti anche i cosiddetti lead magnet, quegli incentivi o contenuti studiati per persuadere i prospect a lasciare un contatto e generare quindi un lead.
Guide gratuite e quiz sono tipologie di lead magnet intramontabili che, se studiati costruiti su misura per il target, possono funzionare molto bene. Ma la lead generation B2B si presta anche ad altre tipologie di contenuti: inviti ad eventi, documentazione e report tecnici, casi studio, webinar…
In molti settori, le fiere sono ancora una fonte importantissima di contatti commerciali. Sappi però che il potenziale di marketing di una fiera non si limita alla tua presenza in stand: si possono applicare strategie digital prima e dopo la fiera per ottimizzare l’investimento fieristico.
A proposito di eventi, non dimentichiamoci che nel B2B gli eventi corporate rappresentano ancora un carburante formidabile per le strategie di marketing, un ottimo metodo per generare contatti e allo stesso tempo coccolare e fidelizzare i clienti.
Chi si occupa di digital marketing B2B non è abituato a fotografie ammalianti, video colorati, contenuti divertenti e gadget creativi (sic). Questo perché, come abbiamo già detto, l’acquisto è di solito determinato dalla razionalità più che dall’impulso, quindi i contenuti non puntano molto sul coinvolgimento emotivo del pubblico.
Anche nel B2B, però, i contenuti restano il cuore pulsante del digitale.
I contenuti creati dai marketer B2B sono soprattutto educativi: servono a spiegare il prodotto, esaminare il mercato, fornire consigli e suggerimenti e risolvere dubbi. In pratica, hanno l’obiettivo ultimo di migliorare alcuni aspetti della vita professionale dei prospect e colmare eventuali lacune informative. Di riflesso, l’azienda che “parla” attraverso i contenuti si riveste agli occhi dei prospect credibilità, autorevolezza e un senso di empatia (“Wow” dirà la nostra famosa Anna, “ma questo fornitore conosce davvero i miei problemi con le buste paga. Forse dovrei affidarmi proprio a lui!”).
Il Digital B2B è come il telefono senza fili: funziona solo se tutti i giocatori riescono a comunicare senza intoppi e incomprensioni. E i giocatori, nel caso delle aziende B2B, sono principalmente due: il Marketing e la Forza Vendita.
Ogni team avrà compiti ben precisi:
Ma attenzione! Se i venditori non sono “a bordo” e non lavorano in armonia con il Marketing, qualsiasi campagna e strategia di marketing B2B, anche se efficace, non avrà poi ricadute misurabili sui risultati di vendita.
Punto dolente: nell’orizzonte italiano, costellato di piccole medie imprese, il marketing viene frequentemente sacrificato. Specialmente in ambito B2B.
Il team marketing delle aziende B2B è spesso:
Questo dato ha delle ricadute molto concrete sui progetti di marketing digitale B2B:
Ah, il magico mondo del B2C, dove le persone vedono un annuncio, vanno sull’e-commerce e comprano un prodotto… il tutto nel giro di mezz’ora.
Certo, lo sappiamo che non va sempre così, ma sicuramente nel B2B un ciclo di vendita così breve è praticamente un sogno ad occhi aperti.
Vari fattori concorrono ad allungare il tempo che passa tra il primo incontro con i prospect (ovvero la prima volta i target entrano in contatto con l’azienda e la sua comunicazione) e la chiusura di una trattativa commerciale:
Il risultato per valutare il ROI delle attività di marketing digitale B2B serve più tempo. Nel frattempo, quantità e qualità dei lead generati possono rappresentare un buon metro di misurazione intermedia.
Pubblici più stretti, nicchie difficili da identificare online, processi di acquisto lunghi impattano ovviamente sul costo di acquisizione di ogni cliente, facendolo impennare verso l’alto.
Allo stesso tempo, soprattutto nel caso di prodotti ad alto valore, bastano poche vendite chiuse per spostare in positivo il ROI.
Insomma, nel B2B difficilmente si vedono i numeri di lead e clienti del B2C: qui vale la regola pochi, ma buoni.